Sguardi
L’autore
Paolo Barbieri (Carrara, 1950), laurea in Economia e Commercio, è stato insegnante presso istituti superiori. Ha iniziato a pubblicare i suoi lavori letterari solo dopo il pensionamento del 2008. I suoi interessi culturali hanno sempre spaziato sia nel settore artistico sia in quello scientifico. Le sue conoscenze musicali sono approfondite e si estendono dal polifonismo cinquecentesco di Palestrina alle composizioni atonali del ’900. Profondamente attratto dall’opera lirica, in particolare dal dramma giocoso o buffo, ha completa conoscenza delle più grandi voci liriche dall’invenzione del disco fino ad oggi. È anche appassionato conoscitore di cinema, arte e danza classica. In ambito scientifico, la sua passione per tutte le branche della Fisica è stata travolgente, così come quella per la Psicanalisi. Paradossalmente, le sue conoscenze in campo letterario non sono così vaste.
Ha pubblicato i volumi: Poesia: Poesie d’amore e di morte (2011), Poesie in sol minore (2012), Peccati di vecchiaia (Edizioni clandestine, Massa 2013). Aforismi: Il caso è singolare (2014), È un piacer serbato ai saggi (2015), Languir per una bella (Stampa indipendente, Massa 2015), Pentagoni regolari (Edizioni Joker, Novi Ligure 2017), Vanità e affanni (idem, 2019), Sussurri e grida (idem, 2020). Romanzi: L’inebriante seduzione (Edizioni Joker, Novi Ligure 2018)..
I testi
Di formazione illuministica e rifacendosi ad essa, Paolo Barbieri, poeta nelle cui composizioni è evidente l’influenza di un individualismo lirico ereditato e ispirato dal Leopardi, muove i suoi versi fra suggestioni che riportano al classicismo letterario italiano e a un certo sentimentalismo quasi rousseauiano.
In Sguardi traspare un venire meno nella possibilità di intervenire ed incidere sulla realtà del proprio tempo, da cui si genera una polarità inconciliabile fra “antico e moderno”, fra natura e ragione, che sviluppa i presupposti della formazione classicista con cui il poeta affronta il proprio presente.
Il contrasto fra natura e ragione appare dunque in lui quale presupposto dotato di assoluta evidenza: una vasta e universale fonte di errori, sviste, contraddizioni, dubbi, distorsioni indotte dal non avere, da parte della filosofia e della letteratura, posta ai basamenti del sistema uomo, e di coloro che nei secoli l’hanno forgiata, tenuto in debito conto la nemicizia scambievole insita nella ragione e nella natura.
Barbieri evidenzia dunque una radicale frizione fra questi due elementi, istinto e intelletto, con rime sagaci colme di riferimenti letterari e storici in un’epoca decadente e impoverita in cui la poesia è appannaggio ed espressione di pochi eletti.
L’addio
Alle lusinghe non cedo
e invano mi cospargi di fiori.
L’orizzonte lucente
splende dei rai della speranza.
E così, incredulo e gioioso,
percorro il binario desolato
che conduce alla collina.
Da lì farò i primi balzi
fino al gioioso teatro.
Marionette rallegreranno
spettatori che non guardano.
E come pallida luna mutante
ognun muoverà i propri passi
fino al passare del treno.
Il suo frastuono io non udrò
ché le mie orecchie non odono fragori.
Ma, come per incanto,
folla tumultuosa se n’andrà
per allontanarsi
dalla desolata collina.
Io, ansante, solitario,
mi preparo alla salita
confortato dall’azzurro cielo.
Le primule variopinte e belle
che il gelo non sfiora
son qui accanto i passi miei,
cinguettanti di colori.
* * *
L’inconscio
Solitarie, solenni caverne
che tenebrìa penetra,
ma non del tutto invade
ché sobri barlumi
talor s’insinuan
tra pertugi e ferite
per orientar lo sgomento viandante
che, assetato, discoprir desia
nuova ventura.
Se coraggio e virtù
son fedeli compagni,
presentimenti oscuri
vagano spietati
nell’aere profondo.
Essi son figli di echi remoti
crudeli e feroci,
incisi col fuoco
su tenera carne.
* * *
Oltre la siepe
Foreste oscure e fredde
che i sentimenti non penetrano,
ove languon nobili pensieri
e il timor di te s’appropria
ho attraversato ansante, solitario.
Luminosi veli, a tratti,
il feral bosco tagliavano
a rincuorar flebili speranze.
Magnifici rapaci,
notturni e silenziosi,
luminosi occhi sfoggiavan
a rassicurar il mesto viandante
ché lor preda non è.
Ispirami, dorata Musa,
ravviva squarci e contrasti
che in tal loco osservai.
Perché uscir:
oltre una siepe
odo d’un usignolo il canto.
Dello stesso autore
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