Lo sguardo dialogico. Il viaggio migratorio in Italia nel cinema contemporaneo italiano e romeno

L’autore

Valentina Ippolito è una regista di documentari su temi sociali quali l’emancipazione delle donne, la maternità in carcere, le minoranze etniche e la migrazione. Ha conseguito un dottorato di ricerca (DPhil) presso l’Università di Oxford, Pembroke College, con una tesi sul cinema di migrazione italiano e romeno. Ha insegnato regia ed estetica del cinema presso Birmingham City University, London Middlesex University, Oxford University e Bristol University dove è Lecturer in Film.

I testi

Dalla svolta del Terzo Millennio, registi italiani e romeni hanno realizzato un considerevole numero di opere cinematografiche aventi come protagonisti figure di migranti provenienti dalla Romania in cerca di un’alternativa esistenziale in Italia. Questo volume analizza la rappresentazione estetica del migrante romeno da una prospettiva etica al fine di individuare i modi del confronto dialogico tra gli autori e le loro opere ed evidenziare le implicazioni dei film migratori come opportunità di una interdiscorsività basata sull’empatia. Questo studio propone il paradigma inedito, qui definito “sguardo dialogico”, come modello che agevola la comprensione dei contatti interculturali ed intercinematici tra registi, opere e spettatori che prendono forma intorno al tema del viaggio migratorio.

Valentina Ippolito

Lo sguardo dialogico. Il viaggio migratorio in Italia nel cinema contemporaneo italiano e romeno

ISBN-13: 978887536466-3

2021

pp. 248

€ 18,00

                                                                                                                                                          * * *

Nella comunicazione cinematografica che si esplora, lo sguardo dialogico non va considerato solo come incontro di prospettive contrastive interne all’opera, ma come interdiscorsività ad ampio raggio, che chiama in causa ambiti interni (intertestuali) ed esterni al cinema (extratestuali). Si considera, infatti, lo sguardo dialogico, come una tecnica ed un effetto della comunicazione interumana dei linguaggi, di cui il cinema è un’espressione complessa. La dimensione dialogica emerge tanto dall’insieme di tecniche di scrittura, ripresa e montaggio, modi della recitazione, scenografia, ambientazione, quanto dall’effetto che l’opera ha su chi osserva le sue dinamiche interne. Ne consegue che individuare le istanze di sguardo dialogico implica analizzare sia la strategia compositiva, sia il modo in cui la dialogia interna all’opera attiva delle risposte esterne ad essa.

Si assume uno sguardo di tipo dialogico per interconnettere opere ed autori con tre obiettivi principali: in primo luogo, quello di argomentare che l’insieme tematico-discorsivo dei sei film scelti esprima preoccupazioni di carattere etico; in secondo luogo, teorizzare che questa prospettiva dialogica interconnetta il lavoro degli artisti impegnati su questo soggetto drammatico; in terzo luogo, dimostrare, con l’analisi formale, l’applicabilità dell’etica dello sguardo dialogico per mettere in risalto la fragilità e la forza dei personaggi spesso caratterizzati, in modo retorico, da stereotipi culturali. La prospettiva di questo paradigma, in tal senso, è utile a comporre il complesso quadro degli argomenti portanti di questi sei autori, che vanno dagli effetti negativi dei regimi autoritari sulle economie nazionali con esiti di povertà e disoccupazione, agli squilibri del mondo globalizzato come motore di ondate migratorie che determinano crisi e sconvolgimenti profondi nelle nazioni colpite da questi fenomeni epocali. L’idea di fondo che costruisce questo punto di vista ritiene che la creatività stabilisca nessi tra artisti, colmando il divario tra loro nel momento stesso in cui le opere si pongono l’una dinanzi all’altra, dialogando.

Da questi presupposti si suggerisce che lo sguardo dialogico sia, da una parte, un’azione interpellativa, vuoi implicita vuoi esplicita, di tipo intenzionale, ovvero un’articolazione ideativa del linguaggio cinematografico densa di rimandi, citazioni, riferimenti dell’inter ed extratesto e, dall’altra, un effetto involontario che esula dall’intenzione dell’autore e che emerge dall’incontro casuale di altri innumerevoli elementi della comunicazione verbale e visiva, sia interni sia esterni della mise-en-scène, che innescano una relazione tra l’oggetto interpretato (segni o presenze nascoste disseminate nel tessuto della narrazione) e l’interprete. Questo effetto rimanda ad influenze reciproche e citazioni, interpretazioni e riscritture di uno stesso soggetto di base o anche all’interrelazione tra opere e pubblico.

L’intenzione interpellativa si distingue negli scenari dove il dialogo assume specialmente la forma dell’intesa e nelle situazioni di incomunicabilità tra personaggi. Quest’articolazione di sguardi e prospettive è culturale. Essa chiama in causa storie e personaggi interrelati, invitando chi osserva ad individuare tali nessi nell’edificio di significati della comunicazione intercinematica.

Si parla di tipologie diverse di sguardo dialogico. Nel campione selezionato, il “primo tipo” di sguardo è “tra registi” le cui opere si richiamano a vicenda, vuoi indirettamente come più spesso accade, vuoi espressamente. La creatività dell’artista resta libera così come la sua opera rimane irripetibile, anche se il momento dialogico parrebbe assorbirne la individualità. Lo sguardo dialogico attribuisce, piuttosto, significato al processo sociale a cui partecipano i registi nel momento in cui, anche se solo trasversalmente,    interagiscono con gli altri assumendo il ruolo di portatori di valori, definiti dall’orizzonte sociale del loro tempo e dalla complessa dialettica delle relazioni in cui le loro opere sono costruite. Ne deriva che l’artista deve essere in costante dialogo con gli altri, per essere in dialogo con se stesso.

Il “secondo tipo” di sguardo si stabilisce “tra opere” e si rintraccia tanto tra elementi della comunicazione verbale, in forma orale o scritta (monologhi, dialoghi, testi di canzoni, insegne, messaggi su mezzi tecnici di comunicazione come i social media, indici grafici, cartelli con slogan, oggetti iconici) quanto tra i modi dell’esperienza sensoriale acustica e visuale. Lo sguardo tra opere può essere sia premeditato dalle strategie interne all’opera, sia risultare spontaneo come effetto di opposizioni casuali ed accidentali, che emergono quando l’opera incontra il pubblico interpretante. Questo accade nei casi in cui elementi della storia (ambientazioni, situazioni, personaggi) sembrano richiamare tipologie riconoscibili all’interlocutore esperto. Si discute, dunque, del momento in cui si delinea il “terzo tipo” di sguardo dialogico, prodotto da un’eco risultante, ad esempio, dal riconoscimento, in sede critica, di uno stile o di un genere, espressivo di influenze, prestiti, citazioni, ovvero di un’interdiscorsività o dialogo intercinematico tra autori, opere e pubblico. In sostanza, in questo terzo tipo di sguardo, il fruitore si sentirà particolarmente sollecitato ad interloquire con l’autore e l’opera, ricavando interpretazioni, estraendole dal regime di correlatività e opposizioni dei piani della rappresentazione e dell’intreccio a cui assiste. Il terzo tipo di sguardo aiuta a delineare la giustapposizione tra le entità sociali dei fruitori e delle loro culture a confronto, determinando un osservarsi vicendevole anche tra gli spettatorati delle due nazioni.

Lo sguardo dialogico si osserva non solo come scambio tra autori (con esiti di intertestualità), o tra opere, come quando un personaggio rimanda ad altri personaggi e contesti interni, ma quando artisti, opere e pubblico aiutano a fare circolare proposte di discorso ed ideazioni estetiche. La dialettica del terzo tipo di sguardo, ponendo attenzione alla prospettiva dello spettatore, scruta la rete di relazioni interlocutorie che il cinema determina. Gli elementi visivi, soprattutto, agevolano il momento interpretativo e la condivisione dei significati dell’opera. Gli indici semiotici del viaggio di migrazione, su cui ci si soffermerà nei capitoli dell’analisi empirica, rappresentano gli elementi che creano un corto circuito di sguardi incrociati tra il momento della diegesi (ovvero dell’elaborazione arbitraria del referente da parte del regista) ed il momento della mimesis (ovvero dell’esperienza del fruitore all’interno del costrutto filmico). Si tratta di una corrispondenza di sguardi contrastivi, che può attivarsi tra i fruitori stessi, produttori di variazioni del messaggio autoriale, soprattutto quando appartengono a culture diverse da quelle in cui l’opera è stata generata secondo determinati codici culturali e settoriali, in questo caso cinematografici. La fase successiva della comunicazione dialogica intercinematica che si stabilisce tra opere e spettatori – ovvero il terzo tipo di sguardo – è espressione dell’interazione tra momento della produzione dell’opera d’arte ed il momento della ricezione di un film da parte dei fruitori.

[…]

Contattaci

Edizioni Joker
Via Crosa della Maccarina, 28/B
15067 Novi Ligure (AL)
Tel/fax 0143.322383
e-mail: info@edizionijoker.com