Lirici catalani
L’autore
La letteratura catalana fu una delle più importanti d’Europa nei secoli XIII-XV, ma andò poi incontro a una lunga eclissi, dalla quale riemerse nell’Ottocento per merito di Jacint Verdaguer, poeta epico e lirico, seguìto da un altro genio della poesia, Joan Maragall. Gli altri poeti catalani qui presentati e tradotti sono l’originalissimo Guerau de Liost, l’aristocratico Josep Carner, il desolato Salvador Espriu e il vulcanico valenzano Vicent Andrés Estellés.
Jurga Ivanauskaitė
Lirici Catalani
ISBN-13: 978 88 7536468-7
2021
pp. 144
cm 13*20,5
€ 16,00
Jacint Verdaguer
Il calice e l’arpa
Mille pegni d’amore
m’ha donato Gesú,
mille pegni d’amore,
due di valore sommo.
M’ha dato d’oro un calice,
d’oro e d’argento un’arpa;
un calice celeste
per bere del divino
suo cuore il santo sangue
che dal costato sbocca.
Bevuta una sorsata,
mi metto a suonar l’arpa,
cantando a terra e cielo
l’amore che mi ubriaca.
Agli altri non aggrada
ch’io sia tanto felice;
m’han tolto d’oro il calice
che la mia sete spegne,
sete d’amor divino
che mi consuma l’anima.
M’han tolto d’oro il calice,
tòrre mi voglion l’arpa,
eco d’arpe celesti,
che ogni notte mi parla;
amor dei quindici anni,
compagna di vecchiezza,
del mio cuore la sposa,
dello spirto sorella.
Tenete d’oro il calice,
ma lasciatemi l’arpa;
lasciate che la suoni
prostrato ai piè dell’ara,
mentre bevete il Vino
della vite a Dio sacra,
tra le luci e l’incenso,
degli angeli alla mensa.
Joan Maragall
In morte di un giovane
Ti dileguasti in quel dolce tramonto…
Cadesti, atleta, ingaggiando la lotta.
Sorridevi alla forza dei tuoi muscoli,
sognavi guerre e corone di gloria,
e d’improvviso stramazzasti a terra
con gli occhi stupefatti…
O Morte, come rendi tutto bello!
Quando lanciasti quel tuo primo velo
sopra l’eroe fiorente, sorridemmo
frenando il pianto, perché una gran pace
s’era diffusa sopra il viso e il petto
del moribondo. Soavemente andava
e veniva il respiro, e speravamo…
Ma non tornò… Allora si levarono
alti pianti per lui che più non c’era…
Sui campi era dolcissimo il tramonto…
Josep Carner
C’erano tra noi due
C’erano tra noi due tante rose sbocciate;
la furia dell’amore le ha tutte strapazzate.
Lo schioccare dei baci intimorì gli uccelli;
si tacquero i più dolci, fuggirono i più belli.
Lasciavamo alle spalle l’umile gente morta,
uccisa dalla stessa corrente che ci porta:
i giorni a volte d’oro e di cielo colmati,
da noi vòlti alla terra mai furono guardati.
Salvador Espriu
Vorrei dirlo con labbra di vecchio
Con sofferenza vidi. Più non ricordo il mare.
Sono gli ultimi solchi; dopo verrà il deserto.
Sotto cieli purissimi, ascolto come il vento
dice il nome che porto, il nome mio: «Nessuno».
Verrà il riposo e mi apparto a guardare
l’ultima volta il vasto tramonto luminoso.
Poi senza alcun timore partirò tutto solo
per la notte di Dio, tra la sabbia e la sete.
Vicent Andrés Estellés
Domani sarà una canzone
Lento e triste animale, fatto di rimembranze,
più non vivi, soltanto ricordi. E che cosa?
Che una volta vivesti. Dove? Da qualche parte.
Felicità suprema, l’ora di scriver versi.
Non i versi scheggiati e svelti che scrivevi,
ma i versi solenni – solenni? – del ricordo.
Ed osi ricordare, col lusso di un paesaggio,
i sedili del cine, il film che proiettavano
di cui naturalmente non vi importava nulla;
l’Albereda ripensi e le rane del fiume,
i banchi che spuntavano il giorno del mercato,
Valenza illuminata di notte a S. Giuseppe,
e voi su quel terrazzo intenti a far l’amore.
Lento e triste animale, fatto di rimembranze,
rievochi e ripensi le carni fresche e dolci,
sopra cui le tue mani posavano o i tuoi baci,
il gusto degli scherzi delicati e vivaci,
le tegole dei tetti, rugginose, con l’erba
che cresceva adorabile qua e là negli interstizi.
Lento e triste animale, fatto di rimembranze.
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