Il simbolo della bestia

L’autore

Howard Phillips Lovecraft (Providence, Rhode Island, 1890-1937) scrittore statunitense. Influenzato da Poe e dalla tradizione «gotica», pubblicò su riviste specializzate le sue storie di orrore e di fantascienza, raccolte in volume soltanto dopo la morte, quando fu finalmente annoverato tra i geniali creatori del «fantastico» contemporaneo. Il richiamo di Chthulhu (The call of Chthulhu, 1929) è il più famoso di una serie di racconti in cui compaiono i Grandi Anziani, divinità preistoriche in grado di superare le barriere spazio-temporali, mentre La casa delle streghe (The dreams in the witch house, 1932) narra la storia di uno studente di fisica quantica che dalla propria stanza s’inoltra negli abissi di un’America visionaria. Tra le altre opere più note sono L’orrore di Dunwich (The Dunwich horror, 1927) e Le montagne della follia (At the mountains of madness, 1936) che si apre su paurosi paesaggi onirici, rivelando il debito di L. verso il Gordon Pym di Poe. L. è anche l’autore di un importante saggio sul «fantastico», L’orrore soprannaturale in letteratura (Supernatural horror in literature, 1927).

I testi

Il giovane Lovecraft credeva fermamente che la sua sola e profonda vocazione fosse quella del poeta. Successivamente sarà molto severo con se stesso e quella parte della propria produzione, ma non si può ignorare una massa di migliaia di versi non raramente abitati da quell’orrore a un tempo astratto e viscido che impareremo a conoscere nelle più celebri opere narrative. Anche in molti di questi versi, come nelle pagine narrative popolate da Cose titaniche piovute dalle stelle, verdi immensità gelatinose e Dèi antichissimi e putrescenti, «perduta è la stella, profonda è la tomba». Visioni appaiono dietro un angolo o risalgono da un incubo, creature «oltre ogni immaginazione» ballano la loro minacciosa danza macabra sotto un cielo maligno e fra «vigneti verdi e glaciali» che succhiano linfe immonde.

Howard Phillips Lovecraft

Il simbolo della bestia

Cura e traduzione dall’inglese 
di Paolo Castronuovo

Postfazione di Marco Sonzogni

Nota di Sandro Montalto

ISBN-13: 978887536485-4

2022

pp. 90

cm 13 x 20,5

€ 13,50

Astrofobo


Nel cielo ardente di mezzanotte
tra gli eterei abissi lontani,
ho guardato con irrequieto desiderio
un’ammaliante stella;
e ogni sguardo ritornava
scintillante dal carro maggiore.

Erano onde mistiche di bellezza
con splendidi raggi dorati;
fantasie di gioia piovute
nella foschia dei campi elisi;
e il suono di una lira si espandeva
in armonie di lidia.

Lì – pensavo – giacciono scene di piacere,
dimorano i liberi e i beati,
ogni istante porta con sé un tesoro
con assieme un incantesimo,
e lì la musica si espande liquida
dal liuto di Israfel.

Lì – mi dicevo – splendono
felici mondi sconosciuti,
pace e innocenza si intrecciano
al trono della virtù;
e gli illuminati affinano i loro pensieri
più puri, più giusti.

Ero così estasiato,
ma la visione si tramutò in un rosso delirante;
la speranza si dissolse in derisione,
la bellezza divenne orrore;
e la musica stonò
in un delirio fantasma.

Il cremisi bruciò quella stella
mentre scrutavo i suoi raggi;
tutto sembrava gioia
prima che il mio sguardo fosse arso dalla verità
e demoni, affascinati dalla follia,
mi portarono via con loro.

Adesso conosco la favola diabolica
dei raggi d’oro;
ora evito di guardare quel manto lustrato
che ho ammirato e amato prima;
ma l’orrore, fisso e immobile,
ossessiona ancora la mia anima.

(25 novembre 1917)

* * *

La casa


È una dimora circondata da boschi
vicino a una montagna,
dove i rami raccontano
strane leggende malefiche;
su legni così vecchi
che esalano morte
avanzano vigneti verdi e glaciali,
nutriti da una strana linfa;
e nessun uomo sa che succhi
poppano dalle profondità del loro letto viscido.

Nei giardini crescono
alti alberi in fiore,
ogni bocciolo emana
profumo nell’aria;
ma il sole del pomeriggio
con i suoi splendenti raggi rossi
rende sbiadita l’immagine
nello sguardo immobile,
e sopra il dolce profumo dei fiori
si levano odori di innumerevoli giorni.

Le erbe selvatiche sventolano
sul terrazzo e sul prato,
ricordi sbiaditi risparmiano
cose dimenticate;
i sassi lungo i viali
sono incrostati e bagnati,
uno strano spirito mi insegue
quando il sole tramonta,
e l’anima di chi guarda si riempie
di immagini scolorite da dimenticare.

Era il caldo giugno:
fui testimone di quella scena
quando i raggi dorati di mezzogiorno
battevano brillanti sul verde.
Ma io tremavo di freddo,
cercavo a tentoni la luce,
quando un’immagine si spiegò –
e la mia vista aguzza
vide il momento in cui ero stato lì
prima di sparire come un lampo nella notte.

(16 luglio 1919)

* * *

Realtà e Fantasia


Com’è noioso il miserabile, la cui mente filosofica
disdegna i piaceri del fantastico;
di chi pensa che le gioie della vita escludano
e distruggano l’atmosfera del poeta!
Il giovane Zenone, praticante dello stoicismo,
rifiutò il linguaggio del cuore luminoso;
dissolse la dolce natura in un caos di regole;
condannò l’effetto mentre cercava la causa;
congelò il povero Ovidio con una critica agghiacciante,
e sogghignava perché le sue storie erano false.
Il fanatico proseguì la ricerca della verità,
sapendo di non trovare pane per i suoi denti.
Fermati! Sofista vandalo, tu che distruggeresti
le graziose leggende del passato della storia;
che con la lingua censurata frusti la copertina,
e critichi gli usi di un’epoca dimenticata:
spoglieresti il ramo vivo dalle foglie
fin quando tutti gli uomini non diventino noiosi come te?
Felice è l’uomo con l’occhio fresco e sano
che nota il Pantheon nel cielo stellato,
che trova Silfidi e Driadi tra gli alberi ondeggianti,
che individua il dolce Nòto nei venti del sud;
che sente il fiume come un canto d’incoraggiamento
mentre una musica proviene dalla sorgente;
a chi le onde sussurrano una favola di Nereidi
finché una presenza amica non faccia salire la marea.
Felice è colui che non ha problemi a imparare,
la vita eterea della natura in persona:
io maledico il saggio che dice ciò, sembra
stia giudicando la serietà dei sogni illuminati!

(Febbraio 1927)

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