Nathalie e l'arcipelago
L’autore
Sandra Cumo è nata a Novi Ligure e in zona è sempre rimasta. Si è laureata in Lettere lavorando però spesso in mezzo ai numeri.Ha lo stesso marito da 30 anni e sta invecchiando con le amiche di sempre. Nella vita non è propriamente un’avventuriera, lo è stata e lo è tuttora nella lettura: qui è esploratrice, a volte pioniera.
Ama molto il cinema e piange guardando i film di Ken Loach, cerca però quotidianamente motivo per farsi una risata.
Nathalie e l’arcipelago è il suo primo romanzo.
I testi
Un “come eravamo” visto attraverso le vicende di una modesta famiglia che dagli anni ’60 ad oggi attraversa il proprio tempo con il desiderio e la necessità di rimanere indissolubilmente unita. Ci riuscirà sia negli anni ruggenti, quando la felicità era stendere un plaid scozzese al Santuario della Guardia, o comprare un paio di jeans nuovi, ma anche quando il dolore schianterà la vita di ciascuno.Ed anche Nathalie, ultimo anello di questa famiglia che rivendica la propria dignità nella storia della Storia, accetterà questa eredità credendo anch’essa che è sempre meglio essere arcipelago che isola.
Sandra Cumo
Nathalie e l’arcipelago
ISBN-13:978887536542-4
2024
pp. 114
cm 15 x 21
€ 13,00
La Subito dopo il funerale della mamma, Guido è tornato a casa, a Marsiglia; si era preso un mese di aspettativa quando le cose sono precipitate e ha voluto vivere qui con lei il tempo che a lei restava. Credo che, malgrado non ne avesse assolutamente ragione, malgrado avesse già scontato ampiamente le sue pene, si sentisse sempre un po’ in colpa anche con lei perché l’aveva lasciata per andare ad abitare lontano senza portarla con sé. Non che non fosse suo diritto andarsene, questo neppure lei lo avrebbe negato, il fatto è che dopo la morte di papà, Guido avrebbe dovuto essere il suo surrogato e il suo succedaneo, invece si è sottratto al ruolo che avrebbe dovuto ricoprire e del quale lei avrebbe voluto godere, e, forse, se lo sarebbe anche meritato, poverina.
«Ragazze, si chiude un altro capitolo della nostra vita» disse a me a alla Simo che assistevamo alla chiusura della sua valigia.
«Dicono che la morte del secondo genitore sia la più difficile perché pare che ci si renda conto di essere fuori dalla trincea, in prima fila. Noi abbiamo affrontato le due versioni della morte: quella improvvisa e devastante e quella annunciata e attesa. Comunque la mancanza è sempre mancanza». Ci siamo buttati in un abbraccio a tre, senza lacrime, senza aggiungere altre parole. Nessuno dei tre aveva voglia di trovarne.
Alla morte di nostra madre lui aveva quarantanove anni. Era nel pieno della sua nuova vita.
Sembrerà un’affermazione esagerata e partigiana, ma non conosco uomo più bello di mio fratello: Guido ha un viso da signore, con lineamenti delicati e molto regolari, una voce profonda e baritonale che è sempre inequivocabilmente in armonia con le parole che pronuncia, quasi che ogni sillaba fosse pensata e scelta, quasi che ogni parola avesse all’interno di un suo discorso, una sua ragione d’essere e quella soltanto, i termini che usa non potrebbero essere sostituiti perché sono quelli indiscutibilmente perfetti. É un uomo arguto e spiritoso senza essere mai maligno, non ho mai ascoltato da lui una cattiveria o una stoccata che fosse ipocritamente vestita di ironia, come spesso, in maniera così urticante, si ascolta dalla bocca di tanti. Possiede un’eleganza innata e naturale. Curiosamente, pur non appartenendo ad un ceto sociale elevato, ha una straordinaria classe, senza mai fare di questa virtù enfasi e snobismo, anzi, la sua eleganza sta proprio nel reclamare la vicinanza con tutti, insomma comprende il sentire del mondo intorno a lui. Guido ha il dono dell’ascolto; guarda negli occhi il suo interlocutore e non lo interrompe se non quando questo ha terminato ciò che ha da dire.
E allora, con la capacità che ha di cogliere il cuore delle cose, risponde, con poche parole, ma selezionate e cucite su misura. Se c’è qualcuno nel mezzo della compagnia che partecipa al discorso con frasi inopportune o indelicate, coglie subito la stortura e la dissonanza per provare un imbarazzo che non dovrebbe essere suo, ma che egli avverte per l’altro, e lo cattura, e lo colpisce. Sa essere attento, si accorge di ogni minuscolo movimento, di ogni soffio, sia esso esterno che interno, sa sondare la profondità senza farsene accorgere, sa vedere la nudità delle persone senza però inchiodarle all’imbarazzo.
Questo, per fortuna è ritornato ad essere mio fratello, dopo che l’incontro con Mireille l’ha resuscitato.
[…]
«Ragazze, si chiude un altro capitolo della nostra vita» disse a me a alla Simo che assistevamo alla chiusura della sua valigia.
«Dicono che la morte del secondo genitore sia la più difficile perché pare che ci si renda conto di essere fuori dalla trincea, in prima fila. Noi abbiamo affrontato le due versioni della morte: quella improvvisa e devastante e quella annunciata e attesa. Comunque la mancanza è sempre mancanza». Ci siamo buttati in un abbraccio a tre, senza lacrime, senza aggiungere altre parole. Nessuno dei tre aveva voglia di trovarne.
Alla morte di nostra madre lui aveva quarantanove anni. Era nel pieno della sua nuova vita.
Sembrerà un’affermazione esagerata e partigiana, ma non conosco uomo più bello di mio fratello: Guido ha un viso da signore, con lineamenti delicati e molto regolari, una voce profonda e baritonale che è sempre inequivocabilmente in armonia con le parole che pronuncia, quasi che ogni sillaba fosse pensata e scelta, quasi che ogni parola avesse all’interno di un suo discorso, una sua ragione d’essere e quella soltanto, i termini che usa non potrebbero essere sostituiti perché sono quelli indiscutibilmente perfetti. É un uomo arguto e spiritoso senza essere mai maligno, non ho mai ascoltato da lui una cattiveria o una stoccata che fosse ipocritamente vestita di ironia, come spesso, in maniera così urticante, si ascolta dalla bocca di tanti. Possiede un’eleganza innata e naturale. Curiosamente, pur non appartenendo ad un ceto sociale elevato, ha una straordinaria classe, senza mai fare di questa virtù enfasi e snobismo, anzi, la sua eleganza sta proprio nel reclamare la vicinanza con tutti, insomma comprende il sentire del mondo intorno a lui. Guido ha il dono dell’ascolto; guarda negli occhi il suo interlocutore e non lo interrompe se non quando questo ha terminato ciò che ha da dire.
E allora, con la capacità che ha di cogliere il cuore delle cose, risponde, con poche parole, ma selezionate e cucite su misura. Se c’è qualcuno nel mezzo della compagnia che partecipa al discorso con frasi inopportune o indelicate, coglie subito la stortura e la dissonanza per provare un imbarazzo che non dovrebbe essere suo, ma che egli avverte per l’altro, e lo cattura, e lo colpisce. Sa essere attento, si accorge di ogni minuscolo movimento, di ogni soffio, sia esso esterno che interno, sa sondare la profondità senza farsene accorgere, sa vedere la nudità delle persone senza però inchiodarle all’imbarazzo.
Questo, per fortuna è ritornato ad essere mio fratello, dopo che l’incontro con Mireille l’ha resuscitato.
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